Se esiste un vino capace di raccontare una storia affascinante, fatta di dedizione, innovazione e amore per la terra, questo è senza dubbio il Brunello di Montalcino.
La sua origine è legata a una famiglia straordinaria, i Biondi Santi, che con il loro impegno hanno trasformato un piccolo borgo toscano in una delle capitali mondiali del vino. Con questo articolo, assieme a Tuscany Uncorked Wine Tours, abbiamo deciso di farvi scoprire dove tutto è iniziato.
Le radici della leggenda: la famiglia Biondi Santi
La famiglia Biondi Santi risiede a Montalcino da generazioni e ha contribuito più di chiunque altro a rendere celebre questo angolo di Toscana. Tutto ha inizio nel XVIII secolo, quando Tullio Canali costruisce la dimora della famiglia all’interno della sua azienda agricola, il Greppo. Ma è il nipote, Clemente Santi, a dare il primo impulso alla grande storia del Brunello.
Clemente, laureato in farmacia e noto scrittore naturalistico, si appassiona alla viticoltura e si dedica alla vinificazione con un approccio scientifico e innovativo. Grazie alle sue conoscenze di chimica e biologia acquisite all’università diventa un enologo capace. I suoi vini conquistano premi prestigiosi e vengono presentati persino all’Esposizione Universale di Parigi nel 1867. Il suo metodo rigoroso e il desiderio di perfezionare il vino sono i primi segnali della rivoluzione che sta per avvenire.
La nascita di un mito: Ferruccio Biondi Santi e la rivoluzione del Sangiovese
La figlia di Clemente, Caterina, sposa Jacopo Biondi. Il loro figlio, Ferruccio, eredita la passione per l’enologia dal nonno materno e decide di portarne avanti il nome, diventando così il primo Biondi Santi.
Ferruccio è considerato il vero padre del Brunello di Montalcino. Dopo la devastazione della fillossera, seleziona con attenzione i cloni di Sangiovese più resistenti e li reinnesta su piede americano. Non lo sa ancora, ma sta scrivendo la storia del vino italiano. Inizia a vinificare il Sangiovese in purezza, creando un vino potente, elegante e capace di affrontare un lungo invecchiamento. Questa scelta rivoluzionaria cambia per sempre il destino di Montalcino.

Guerre, amore e intuizioni geniali: la storia di Tancredi Biondi Santi
Durante la Prima guerra mondiale, il figlio di Ferruccio, Tancredi, viene chiamato alle armi, ferito e ricoverato a Firenze, dove conosce l’infermiera Anna Tomada. Il loro amore li riporta a Montalcino, a Villa Greppo, dove si sposano e iniziano una nuova fase della storia familiare.
Il lavoro è tanto, le vigne a causa della guerra erano state trascurate per anni e avevano bisogno di importanti interventi di manutenzione. Tancredi, laureato in agraria e diplomato in enologia, come prevede una tradizione ormai una tradizione familiare, eredita anche la grande passione del padre, scomparso nel 1917.
Egli decide quindi di prendere le redini dell’azienda nel 1922, acquistando la parte del fratello Gontrano. Decisero invece di dividere a metà le preziose bottiglie di Brunello conservate da Ferruccio in cantina. Mentre il fratello consuma rapidamente la sua eredità, Tancredi intuisce il potenziale straordinario del Brunello e le conserva con cura, comprendendo con grande lungimiranza che quelle bottiglie erano un’importantissima testimonianza della qualità di un vino che non sembra subire il passaggio del tempo.
Ma gli anni tra le due guerre sono difficili: Montalcino è un paese povero e la richiesta di vini di qualità è quasi inesistente. Tancredi, con lungimiranza, decide di fondare la Cantina Sociale Biondi Santi e C., mettendo a disposizione la propria cantina, che si trovava al centro del paese, ai produttori locali. Questa iniziativa è un atto di generosità, ma anche una dimostrazione del suo impegno per la comunità e la crescita del territorio.
Franco Biondi Santi e la Seconda guerra mondiale: un’epopea familiare
Tancredi trasmette al figlio Franco lo stesso amore per la terra e il vino. Dopo il diploma in enologia, Franco si iscrive alla facoltà di agraria dell’Università di Firenze, ma la guerra interrompe i suoi studi. Nel 1943 viene chiamato alle armi e mandato al confine francese. Dopo l’8 settembre, l’esercito italiano piomba nel caos, Franco mantiene la sua posizione ancora per alcuni giorni, e quando capisce che lui e i suoi compagni erano stati completamente abbandonati dai loro superiori, decide di tornare a casa. Riesce a ritornare al Greppo in un rocambolesco viaggio tra treni merci e chilometri a piedi, sfuggendo per un soffio ai rastrellamenti nazisti.
Riconciliatosi con il figlio Tancredi sa che questo è un momento molto difficile per l’Italia, e che tutti i beni che posseggono potrebbero essere soggetti alle razzie dei nazisti, compresa la loro preziosa collezione di Brunello. Tancredi prende quindi una decisione drastica: “O ce le bevono o ce le rubano”, dice, così, padre e figlio murano nottetempo le bottiglie più pregiate per salvarle dalla razzia. Questo episodio è un simbolo dell’attaccamento viscerale della famiglia al proprio vino, considerato un patrimonio da proteggere a tutti i costi.
Questo e tanti altri curiosi aneddoti, come quello della mitica bottiglia del 1888, li potere scoprire assieme a Gabriele, il vostro sommelier e Certified WSET Educator guida di Tuscany Uncorked nel tour dedicato a Montalcino.

Dopo la guerra: il Brunello conquista il mondo
Nel 1945, la vendemmia è straordinaria e consente a Tancredi di produrre la prima riserva dopo vent’anni. In pochi anni, il Brunello Biondi Santi conquista la scena internazionale, diventando il punto di riferimento per la viticoltura di qualità in Italia.
Nel 1947, Franco conosce Maria Floria Petri, che sposa nel 1949. Nel 1950 nasce il loro primogenito, Jacopo. Gli anni ‘50 segnano una svolta: il Brunello si impone come uno dei vini più prestigiosi d’Italia, viene considerato l’unico a poter competere con i grandi Château francesi.
Fino agli anni ’50 i Biondi Santi erano l’unica azienda a produrre Brunello, il sangiovese non è molto facile da coltivare e chi aveva provato aveva desistito dopo poco. La famiglia non aveva mai pensato perciò di registrare il marchio fino a quando non fu troppo tardi. Tanti, spinti dal successo del Biondi Santi iniziarono a produrre vino a Montalcino per poi chiamarlo Brunello.
Fu così che nel 1966, il Brunello ottiene la DOC e ovviamente fu Tancredi ad essere chiamato a scrivere il disciplinare di produzione, garantendo regole precise per preservare la qualità e l’autenticità del suo vino.
Ciò che rende questo vino praticamente immortale non è solo sul suo potenziale, ma anche la cura che è riservata per le bottiglie. Il tappo in sughero si sa, con il tempo perde elasticità e lascia passare aria, per questo periodicamente le bottiglie vengono ricolmate ed il tappo viene cambiato. Questa operazione venne fatta per la prima volta da Tancredi nel 1927, vedendo che il livello del vino si stava abbassando. Una seconda ricolmatura è stata fatta nel 1970, e vengono fatte periodicamente, con vino della stessa annata, anche con le bottiglie che sono state vendute.
Le nuove sfide: i Super Tuscan e la difesa della tradizione
Nel 1970, con la scomparsa di Tancredi, la gestione dell’azienda passa ufficialmente a Franco, che prosegue sulla strada della tradizione. Mentre il mondo del vino cambia, nascono i Super Tuscan: vini moderni, affinati in barrique e pronti da bere prima. Il Sassicaia, il primo di questa nuova categoria, ottiene un successo travolgente, spingendo molti produttori toscani a piantare Cabernet Sauvignon e altri vitigni francesi.
Anche a Montalcino alcuni vogliono modernizzare il Brunello, restringendo i tempi di invecchiamento e sperimentando legni nuovi. Ma Franco si oppone fermamente: per lui il Brunello deve mantenere la sua identità, invecchiando lentamente in botti di rovere di Slavonia per sviluppare la sua complessità unica. È una lotta tra tradizione e innovazione, e Franco decide di difendere con orgoglio la filosofia della sua famiglia.
La sfida del 1994: dimostrare la longevità del Brunello
Nel 1994, per difendere il valore del suo Brunello, Franco organizza una storica degustazione verticale, invitando i più grandi critici enologici del mondo. Parte dalla vendemmia del 1988 e arriva fino alla mitica 1888 di suo nonno Ferruccio. Il risultato è un trionfo: il Brunello dimostra una longevità straordinaria e un’identità inconfondibile.
Un vino senza tempo
Grazie alla determinazione della famiglia Biondi Santi, il Brunello di Montalcino è diventato un’icona del vino italiano. Non si piega alle mode, non cerca scorciatoie: è un vino nato per durare, testimone di una passione che attraversa le generazioni.
Se vuoi scoprire di più su questo capolavoro enologico, vieni a visitare Montalcino e prenota uno dei nostri tour: ogni mercoledì ti aspetta un viaggio nella storia e nel gusto di uno dei vini più affascinanti al mondo.
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